
La mostra monografica dedicata ad Alphonse Mucha al Palazzo dei Diamanti di Ferrara (fino al 20 luglio) sta riscuotendo un successo straordinario. Tra installazioni immersive, filmati d’epoca e 150 opere originali, questa si rivela un vero e proprio viaggio nell’universo del padre dell’Art Nouveau.
C’è un’energia particolare nelle sale dell’ala Rossetti del Palazzo dei Diamanti. I visitatori si muovono tra le opere con quello stupore che si prova quando si scopre qualcosa di inaspettato. La mostra di Alphonse Mucha non è infatti la solita retrospettiva: è una rivelazione che svela l’artista ceco ben oltre i manifesti parigini che tutti conosciamo.
Il Trionfo della Belle Époque
L’allestimento curato da Tomoko Sato inizia con il periodo parigino che rese Mucha una leggenda. Le celebri Quattro Stagioni dominano una parete verde smeraldo, mentre i manifesti per Sarah Bernhardt raccontano l’incontro che cambiò per sempre la storia dell’arte decorativa. Vedere “La Dame aux Camélias” e “Médée” dal vivo significa toccare con mano la nascita del “Le style Mucha”, quello stile inconfondibile che trasformò le strade di Parigi in una galleria d’arte a cielo aperto.
La scelta cromatica dell’allestimento non è casuale: il verde intenso delle pareti dialoga perfettamente con i toni naturali delle opere, mentre il rosso delle sale successive crea un crescendo emotivo che prepara al Mucha più maturo e impegnato.
L’America e il successo mondiale
Una sezione documenta il viaggio negli Stati Uniti del 1904, quando la stampa americana definì Mucha “il più grande artista decorativo del mondo”. Qui emerge l’aspetto più commerciale e innovativo dell’artista: dai poster pubblicitari come “Bières de la Meuse” e “Waverly” fino agli oggetti di design come il raffinato barattolo per biscotti Lefèvre-Utile del 1896, esposto in una teca che ne rivela ogni dettaglio decorativo.
Il ritorno alle radici: l’epopea slava
Ma la vera sorpresa arriva nell’ultima parte del percorso. Il poster della “Slovanská Epopej” del 1930 rivela un Mucha completamente diverso: non più il decoratore della Belle Époque, ma un intellettuale che mette l’arte al servizio dell’identità nazionale ceca. L’opera pubblicizzava l’esposizione del ciclo monumentale di 20 tele che racconta la storia dei popoli slavi – il vero capolavoro di Mucha, spesso dimenticato dal grande pubblico.
Le sezioni che fanno la differenza
Una delle scoperte più affascinanti riguarda l’attività fotografica di Mucha, documentata attraverso scatti in bianco e nero che mostrano una sensibilità artistica straordinaria. Non si trattava di semplici foto di servizio per i suoi dipinti, ma di vere e proprie composizioni artistiche: ritratti teatrali, scene di gruppo, sperimentazioni con luci e ombre che anticipano linguaggi fotografici moderni.
L’esperienza immersiva che conquista il pubblico
Il vero successo della mostra sta però nelle installazioni tecnologiche che rendono contemporaneo il linguaggio di Mucha.
Ma è nella sala dei filmati d’epoca che si tocca l’apice emotivo della mostra. I documenti video che ritraggono la Praga e la Parigi di inizio Novecento restituiscono il contesto storico in cui Mucha operava, mentre le riprese dell’artista al lavoro nel suo atelier fanno percepire l’uomo dietro il mito.
Particolarmente apprezzata dal pubblico è l’esposizione degli oggetti: dalle scatole di colori d’epoca ai bozzetti preparatori, fino ai busti che lo ritraggono. Questi elementi creano un ponte emotivo tra visitatore e artista, rendendo tangibile il processo creativo.
Tecnologia al servizio dell’Arte
L’uso della tecnologia non è mai fine a se stesso ma sempre funzionale alla comprensione dell’opera. Le audioguide arricchiscono il percorso con approfondimenti che contestualizzano ogni sezione, mentre il bookshop offre un catalogo scientifico edito da Moebius e merchandising di qualità ispirato alle opere esposte.
Mucha oltre i luoghi comuni
La mostra del Palazzo dei Diamanti ha il merito di restituire la complessità di Alphonse Mucha: non solo grafico e illustratore, ma anche fotografo, scenografo, progettista d’interni, creatore di gioielli. E soprattutto pensatore politico, convinto che “la bellezza e la forza ispiratrice dell’arte potessero favorire il progresso dell’umanità e la pace”.
Il percorso espositivo riesce a mostrare senza contraddizioni l’evoluzione di Mucha dal designer commerciale al pittore di storia. I 150 opere in mostra – tra dipinti, disegni, fotografie, manifesti e oggetti – raccontano un artista che non ha mai separato l’arte alta dalla comunicazione popolare, anticipando concetti di design thinking che sono ancora attuali.
Collegamenti e contesto
La collaborazione con la Mucha Foundation garantisce l’autenticità delle opere e l’accuratezza scientifica dell’allestimento. Il coordinamento di Francesca Villanti assicura inoltre un dialogo costante con il territorio ferrarese e le sue tradizioni museali.
Perché non perdere questa mostra
La mostra su Alphonse Mucha al Palazzo dei Diamanti rappresenta un esempio perfetto di come presentare un artista storico al pubblico contemporaneo. L’equilibrio tra rigore scientifico e coinvolgimento emotivo, l’uso intelligente della tecnologia, la capacità di rivelare aspetti inediti di un maestro apparentemente conosciuto ne fanno un appuntamento culturale di primo piano.
Aperta fino al 20 luglio 2025, è un’occasione unica per scoprire che dietro le iconiche donne dai capelli floreali si nasconde un universo artistico e intellettuale di straordinaria complessità. E per capire perché, a più di un secolo di distanza, lo “style Mucha” continua a influenzare designers, illustratori e creativi di tutto il mondo.
Il Commento all’articolo
Dopo l’oscurità, la luce
di Antonio Vaianella
Cosa potrei dire più di quanto ha scritto? Ha praticamente espresso tutto ciò che può spingere chiunque a recarsi a Palazzo dei Diamanti per vedere, anzi, gustare questa magnifica mostra, curata sin nel minimo dettaglio e capace di farci conoscere un immenso Alphonse Mucha, fino quasi a sfiorarne l’anima poetica, rivoluzionaria e creativa.
Giunti a Palazzo dei Diamanti, luogo amato da chi, come noi, vive e abita a Ferrara, ci siamo chiesti: “Dopo la tenda cosa vedremo, cosa sentiremo?”
La risposta è arrivata: dopo l’oscurità, la luce.
Ogni sala del percorso ci ha regalato opere meravigliose. Abbiamo scoperto un Mucha inedito, e abbiamo percepito l’energia grandiosa di quel magnifico periodo delineato dal movimento noto come Art Nouveau.
Scoprire poi che la curatrice della mostra fosse Tomoko Sato non mi ha stupito, ne ero quasi certo. Storica dell’arte e curatrice di fama internazionale, la Sato si distingue per rigore, sensibilità e una conoscenza approfondita dei legami interculturali che plasmarono l’estetica modernista. Ogni mostra da lei ideata è un viaggio narrativo, arricchito da collegamenti storici fondamentali. Tra questi spicca l’interesse che lo stesso Mucha sviluppò per l’arte giapponese, una passione nata grazie alla mediazione del pittore Louis-Joseph-Raphaël Collin, ponte tra Oriente e Occidente.

La mostra, allestita nello splendido Palazzo dei Diamanti, brilla per la qualità delle opere e per il lavoro sinergico di realtà culturali d’eccellenza: è organizzata da Arthemisia, Fondazione Ferrara Arte e Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara in collaborazione con la Mucha Foundation ed è curata da Tomoko Sato con il coordinamento scientifico di Francesca Villanti.
Un plauso speciale alla Fondazione Ferrara Arte e al Comune di Ferrara, che con competenza e visione promuovono eventi culturali di respiro internazionale, consolidando il ruolo della città come crocevia artistico europeo.
Il coordinamento scientifico, affidato a Francesca Villanti, storica dell’arte già curatrice di importanti retrospettive dedicate a van Gogh, Ligabue e Mucha stesso, ha garantito un impianto curatoriale solido, coinvolgente e pieno di grazia critica.
In conclusione, consiglio questa mostra con il cuore: è un’occasione per assaporare l’Art Nouveau grazie a uno dei suoi massimi interpreti e, per chi viene da fuori, anche per scoprire Ferrara, una delle capitali del Rinascimento.
Informazioni pratiche e consigli
Come Organizzare la Visita
Durata consigliata: almeno 2 ore per apprezzare tutte le 11 sale
Audioguida: fortemente consigliata per gli approfondimenti storici
Momento migliore: mattino nei giorni feriali per evitare l’affollamento del weekend
Bonus: con il biglietto si può visitare anche la mostra-dossier su Giovanni Boldini nelle sale dell’ala Tisi
Info:
Palazzo dei Diamanti
Corso Ercole I d’Este 21, Ferrara
Tel. 0532 244949
palazzodiamanti.it
diamanti@comune.fe.it